Ritorno al futuro

Noi ci crediamo, dannazione. Sembrerà un concetto banale, financo lapalissiano, ma è semplicemente questo il motivo per cui, ogni qual volta veniamo tirati per la giacca da una certa opinione pubblica, nonostante tutti gli sforzi di questo mondo, ci ricaschiamo. D’altronde, se l’argomento non ci toccasse nel vivo, la discussione non sarebbe nemmeno partita. Alemanno e La Russa non avrebbero rilasciato certe dichiarazioni, Fini non avrebbe detto quelle cose ad Atreju, e Giorgia non si sarebbe trovata tra l’incudine (per fortuna non la falce!) ed il martello. Questo è il dazio che dobbiamo pagare per il fatto di essere una Comunità, prima che un partito. Questo è il dazio che dobbiamo pagare per il fatto di sentirci Militanti, prima che amministratori o dirigenti. E ancora, questo è il dazio che dobbiamo pagare per aver fatto confusione tra una questione che è culturale, e non politica. Ci siamo fatti trascinare su di un terreno dissestato sul quale, per altro, i nostri avversari si trovano ad occhi chiusi. D’altronde, sono ormai settant’anni che non fanno altro che recitare la noiosa tiritera sulla dicotomia fascismo/antifascismo. Nel loro vuoto pneumatico è davvero l’unico argomento che gli è rimasto, come la particella di sodio protagonista di quella famosa pubblicità. Il nostro Partito nasce da una storia cominciata quasi sessantatre anni fa, sulle ceneri del peggiore conflitto della storia e di una  straziante guerra civile. Eppure, già allora, i fondatori del Movimento Sociale, parlavano dell’esigenza di arrivare ad una vera “pacificazione nazionale”. Ahinoi, il raggiungimento di quel risultato avrebbe, di fatto, eliminato lo specchietto per le allodole con il quale certa sinistra pensa ancora di abbagliare gli Italiani, evitandogli di affrontare argomenti concreti. Insomma, li avrebbe costretti a passare dalla teoria alla pratica, dalla retorica alla cultura del fare che, evidentemente, non rientra nelle loro corde. Detto questo, ha ragione da vendere Giorgia, quando dice che noi combattiamo in nome del valore supremo della libertà. Se così non fosse saremmo degli ipocriti belli e buoni, visto che siamo protagonisti di vere e proprie battaglie culturali contro tutti i regimi dittatoriali, in ultimo quella per la libertà del popolo Tibetano. Ce ne siamo forse scordati? Certo, personalmente sono convinto che i valori della libertà e della democrazia poco abbiano a che fare con una combinazione di parole che comprenda il vocabolo “anti”, ma questo non significa che non mi possa riconoscere nei principi della Costituzione. Vivaddio siamo persone in grado di ragionare, e di riuscire a vedere al di là del palmo del nostro naso, senza farci ingabbiare in steccati ideologici che non appartengono al nostro tempo. Detto questo ognuno di noi ha una coscienza con cui, volente o nolente, prima o poi dovrà fare i conti e, per quanto mi riguarda, mi sento libero di poter affermare di aver sempre difeso la memoria dei nostri Martiri senza, per questo, dover sconfinare nel becero estremismo politico fine a se stesso. Perché, cari miei, alla fine sono i fatti a contare. E allora, se le donne e gli uomini che compongono una destra riconosciuta democratica a tutti gli effetti, sono stati in grado di far emergere pezzi della nostra storia dall’oblio nel quale erano stati relegati per decenni, beh, allora vuol dire che abbiamo avuto ragione a consegnare, in maniera definitiva ed inequivocabile, il Ventennio al giudizio degli storici. Come dicevo all’inizio si tratta, ormai, di una questione culturale, alla quale ognuno, in coscienza, sarà libero di dare l’interpretazione che meglio crede, ma stando ben attento a non perdere di vista un altro valore che ritengo importantissimo: la coerenza. Quella coerenza che ci ha sempre contraddistinti da avversari ed alleati e che, a sua volta, non deve essere assolutamente confusa con lo scimmiottamento di ciò che fu prima ancora che i nostri genitori venissero al mondo. Noi, pur consapevoli del passato, siamo figli del nostro tempo ed abbiamo, dinnanzi a noi, l’orizzonte di una Patria da difendere e migliorare, fieri delle nostre idee e forti dei nostri valori.

Alessandro Nardone

18 settembre 2008