Chi ha qualche anno di militanza politica alle spalle ricorderà che, circa undici anni fa, Mario Segni fece una proposta che, ancora oggi, è dannatamente attuale: una legge elettorale sul modello utilizzato per l’elezione dei Sindaci, proposta che prese il nome di Sindaco d’Italia, appunto. Da allora di acqua sotto ne è passata, di governi anche ma, ahinoi, nessuno è ancora stato in grado di produrre un sistema elettorale in grado di stabilire, con chiarezza, chi governa e per quanto. La cosa più drammatica è che in nome della legge elettorale si butta via un sacco di tempo che potrebbe essere impiegato per risolvere i drammatici problemi che affliggono il nostro amato paese; governi senza i numeri per governare e segreterie dei partiti impegnate e confrontarsi sulla legge elettorale, mentre passano i mesi, gli anni. Dopo le schermaglie dei giorni scorsi oggi, finalmente, i capigruppo del centrodestra sono tornati a riunirsi nel tentativo di trovare una quadra sulla riforma proposta dall’ex ministro Bianco, riunione che ha visto tutti d’accordo tranne Forza Italia, a cui non dispiacerebbe barattare il bipolarismo con una legge in grado di lasciare le “mani libere” ai partiti per stringere alleanze post-elettorali. Ha ragione da vendere Gianfranco Fini quando afferma che rinunciare al bipolarismo equivarrebbe a tornare indietro di vent’anni, a quella partitocrazia capace di generare mille governi, in cui gli accordi si facevano non davanti agli elettori ma nei corridoi del Parlamento. Personalmente sono dell’idea che, dopo tangentopoli, l’unica vera conquista sia stata quella del bipolarismo, che obbliga i partiti ad allearsi sulla base di un programma prima delle elezioni e che, da quella conquista, non si possa e non si debba assolutamente prescindere. Allora perchè non far nostra la proposta del Sindaco d’Italia? Spariglierebbe il tavolo mettendo sicuramente d’accordo tutti tranne, probabilmente, Veltroni e Berlusconi ma, a quel punto, sarebbero loro a trovarsi in un angolo.
Alessandro Nardone
12 dicembre 2007