COMO – «Le madri mi hanno chiamato preoccupatissime. Forse anche sull’onda emotiva di quello che sta accadendo tra il Papa e l’Islam. A loro quella donna con il volto totalmente coperto suscita diffidenza, diciamo così». Alessandro Nardone, consigliere comunale di An, racconta al telefono come è nato a Como il caso burqa. La storia è semplice: le mamme di una scuola elementare in via Viganò, in pieno centro città, si sono mobilitate per protestare contro un’altra mamma «rea» di accompagnare ogni mattina i figli indossando il tradizionale copricapo musulmano. IL CASO – Ne parla diffusamente anche il Corriere di Como, oggi in edicola, che riporta l’intervento dell’esponente di Alleanza Nazionale in consiglio comunale. «Le altre bambine guardano con perplessità e forse preoccupazione quella donna – spiega Nardone al giornale brianzolo – È evidente che il suo abbigliarsi suscita una particolare attenzione, e forse timore, negli altri bambini che nulla sanno degli usi e costumi musulmani. Da qui le prime proteste da parte delle altre mamme». «Sono stato sollecitato direttamente da alcune mamme che si recano quotidianamente in quella scuola – prosegue Nardone – mi hanno riferito di essere state turbate dalla presenza di una mamma con il volto interamente coperto. È una situazione anomala, credo serva un approfondimento da parte delle istituzioni e delle forze dell’ordine». Da qui la richiesta di coinvolgere il sindaco Bruni e l’assessore alla sicurezza. «Poiché mi risulta che circolare con il volto completamente coperto sia tuttora proibito dalle leggi italiane – prosegue il consigliere di An – mi sembra giusto che il sindaco chieda informazioni ufficiali nelle sedi opportune per capire se quel comportamento sia legittimo o no e se si debbano prendere provvedimenti». IL PRECEDENTE – La vicenda richiama alla mente quello accaduto due anni fa a Drezzo, un paesino nel comasco dove una donna italiana di religione islamica fu multata due volte in due giorni da un vigile per essere comparsa per strada indossando il burqa. Così prescriveva l’ordinanza del sindaco leghista che – ripescando un decreto regio del 1931 – dispose «di non andare in giro mascherati». A difesa della donna, Sabrina Varroni, intervenne anche il presidente della Repubblica Ciampi.
Corriere della Sera