ROTTAMAZIONE A CATENA

Una vittoria di Renzi alle primarie sarebbe l'inizio di una rottamazione a catena

Il suo Big Bang, un che di profetico ce l’ha eccome, altro che balle. Molti lo pensano e si guardano bene dal dirlo ma, un’eventuale – e per altro più probabile di quanto non si possa pensare – affermazione di Matteo Renzi alle primarie del PD, sarebbe un evento di proporzioni enormi, dagli effetti devastanti per i dinosauri che, da oltre trent’anni, si sono avidamente impossessati della scena politica nazionale, indipendentemente dallo schieramento di appartenenza.

Proprio qui sta il punto perché, se all’apparenza potrebbe trattarsi di una questione tutta interna al Partito Democratico, alla prova dei fatti sarà un autentico ciclone in grado di travolgere l’intero sistema, una vera e propria rottamazione a catena. Per scovare le ragioni di questa teoria non serve Sherlock Holmes, è sufficiente fare un’analisi di quanto accaduto negli ultimi anni: il sostanziale fallimento di questa classe politica tout court, la crisi economica e la conseguente mancanza di fiducia da parte della gente.

Elementi certamente generici, ma dei quali dobbiamo necessariamente tenere conto, se vogliamo dare un volto a questa ormai diffusissima voglia di cambiamento che serpeggia nel Paese. Renzi, che lo vogliano o no gli attuali maggiorenti di partito, rappresenta il grimaldello in grado di scardinare il sistema, perchè è l’unico che ha avuto il coraggio di sfidare apertamente i suoi capi, dicendogli in faccia che hanno fatto il loro tempo, e che è necessario un ricambio generazionale.

Se voltiamo lo sguardo a destra, l’unica eccezione è quella di Francesco Storace che, oltre ad aver dato la sua disponibilità a lavorare sulla proposta di rinnovamento lanciata ad Ascoli da Marcello Veneziani, si è detto favorevole, a più riprese, all’introduzione di un limite per i mandati dei parlamentari e, nel Manuale della Sovranità coniato da La Destra, dedica un intero capitolo alla lotta senza quartiere ai privilegi della casta.

Argomenti che, per evidenti motivi, nel Pdl non hanno mai avuto diritto di rappresentanza, ma che, come dimostrano i sempre più frequenti attestati di stima nei confronti del Sindaco di Firenze, cominciano ad avere una presa fortissima anche in via dell’Umiltà.

Ormai lo sappiamo, un Renzi il Pdl non ce l’ha ma, se davvero Bersani uscisse sconfitto dalle primarie, a quel punto lo stesso Berlusconi dovrebbe riconsiderare definitivamente l’ipotesi di “ridiscendere in campo” per la sesta volta: un candidato di settantasette anni contro uno di nemmeno quaranta non sarebbe credibile in condizioni normali, figuriamoci di questi tempi.

Alessandro Nardone

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