Como città per vecchi? Sì, finchè non capirà che più vita significa più ricchezza e più lavoro

Sostenitore da tempi non sospetti di una "Como-community", Nardone ci dice che rimarremo al palo fino a quando non coglieremo che il problema non è di banale movida ma di modelli economici

Veniamo subito al sodo. Non scendiamo certo dal pero e, che Como sia una città per vecchi, è un fatto del tutto evidente. A mio avviso, però, la discussione su quest’argomento andrebbe angolata nella direzione di un orizzonte più vasto rispetto alle polemiche sulla cosiddetta movida. Mi spiego meglio. Proviamo per un attimo a chiudere gli occhi, ed a soffermarci sull’immagine di una città gioiosa, piacevole. La immaginereste popolata solo da giovani o soltanto da anziani (vecchi, riferito alle persone, non mi piace)? Beh, credo proprio di no, ed è proprio qui che sta il punto. Ovvero che la Como ideale, quella che molti di noi avranno immaginato qualche attimo fa, è una città in cui il problema della convivenza di fasce d’età differenti, non dovrebbe nemmeno porsi. O meglio, non dovrebbe proprio esistere. Per il semplice fatto che si tratterebbe di una città figlia di un percorso amministrativo prospettico e lungimirante nei fatti, ergo perfettamente in grado di far convivere generazioni (e quindi esigenze) diverse, ma non necessariamente incongruenti. Proviamo a prendere per un attimo l’esempio di cui parlavo prima, ovvero quello relativo alla movida, sul quale io stesso ho avuto ampiamente modo di rendere nota la mia opinione. Il punto è che lo si è sempre affrontato in modo parziale, senza considerare due fattori ad esso indissolubilmente connessi: sicurezza e prospettive economico-sociali. Dico sicurezza perché va da sé che, se durante le ore notturne i passaggi delle Forze dell’Ordine sono – non certo per colpa loro – drammaticamente ridotti all’osso, gli sfigati che si divertono facendo schiamazzi o compiendo atti vandalici hanno vita facile. Dirò di più, perché una città deserta è certamente il terreno più fertile possibile per i malintenzionati d’ogni risma, ed i raccapriccianti fatti di cronaca degli ultimi tempi sono la triste testimonianza di ciò che affermo. Una città viva, quindi, ma nella quale sia altrettanto viva la consapevolezza che se, per così dire, la fai fuori dal vaso, rischi davvero di passare un bruttissimo quarto d’ora. Tolleranza zero. Esattamente come avviene nella vicina Lugano. Fin qui l’ordine pubblico, ora veniamo al secondo fattore, ovvero a quello relativo alle prospettive economiche e sociali della nostra Como. Quelle economiche, ovvero pecuniarie, sono di una priorità tale da non poter essere più nascoste come polvere sotto al tappeto e continuare a procrastinarle sarebbe da veri irresponsabili. Via quindi, fermo restando il rigore nei confronti di chi sbaglia, l’assurdo criterio per il quale chiunque voglia aprire un’attività sia trattato come qualcuno che, in qualche modo, disturba a prescindere. S’instauri, invece, un rapporto di collaborazione reciproca tra la nuova amministrazione e chi è deciso ad investire sul nostro territorio, un rapporto in cui il venirsi in contro dovrà consistere in minori lacci e lacciuoli dal punto di vista burocratico a fronte, magari, di maggiori investimenti nelle attività. Ché, tradotto, significa più posti di lavoro ed interventi di abbellimento, oltre che dei locali, anche dell’arredo urbano. Ma torniamo alla questione più generale perché, altrimenti, corriamo il rischio di cui parlavo in apertura, ovvero di rinchiuderci nella gabbia della parzialità, fermandoci al dito e perdendo di vista la Luna. Infatti, trovo che un altro aspetto della “città per vecchi” sia la mancanza del wi-fi libero ovunque oppure, tanto per fare un altro esempio, trovo dannatamente vecchio il fatto che il parco giochi per i bambini dei giardini a lago sia, da anni, in condizioni dir poco vergognose. Roba da prendersi il tetano. Ecco, penso e credo che una città in cui manchi la dovuta attenzione per i nostri bambini, anziché ringiovanire, continuerà a farsi sempre più decrepita. Esattamente come credo che, una città che non si adopera per far sì che le giovani coppie possano sposarsi e mettere su casa senza essere costrette ad andarsene altrove, non potrà che subire l’atroce condanna di essere perennemente costretta a chiudere gli occhi, se vorrà vedersi bella e gioiosa.

Alessandro Nardone per L’Ordine del 1 aprile 2012