A bocce ferme e, soprattutto, ad elezioni vinte, si ragiona meglio. Non c’è dubbio. Allora vale la pena fermarsi un attimo per fare il punto di una situazione, quella del PdL, che merita di essere approfondita con obbiettività e schiettezza. Visto che non vogliamo in alcun modo essere fraintesi, è giusto che il ragionamento parta da una premessa: sarebbe ipocrita affermare che nel partito unico del centrodestra va tutto bene e, allo stesso modo, sarebbe da Tafazzi teorizzare l’esatto contrario. Fatto sta che, nonostante la prospettiva di tre anni di tregua elettorale, le diverse componenti, pur con toni più sfumati rispetto a prima, abbiano ripreso a fare a gara per differenziarsi l’una dall’altra con l’aggravante che, nella stragrande maggioranza dei casi, lo fanno discutendo di questioni completamente campate per aria, boutade che durano giusto il tempo di un lancio Ansa. Il problema è che mentre i think tank ed i rispettivi colonnelli passano le giornate a darsele di santa ragione sui giornali, c’è un partito, la Lega, che lavora costantemente sul territorio, erodendo al PdL un numero sempre maggiore di consensi. Ovviamente molti dei “pensatori” di cui accennavo poc’anzi si sono affrettati a liquidare, con atteggiamento superficiale e snobistico, il successo del partito di Bossi. Attenzione, perché si tratta della stessa superficialità con la quale i cosiddetti radical chic si sono ostinati, per anni, a snobbare la destra ed “il fenomeno Berlusconi”, trascinando la sinistra ad anni luce dalle reali esigenze della gente e, di conseguenza, all’attuale sfascio politico. Una destra, quella dell’Alleanza Nazionale pre-elefantino, in odore di sorpasso su Forza Italia ed in possesso dell’autorevolezza necessaria per dettare i temi dell’agenda politica mentre la Lega, indaffarata a riempire ampolle in riva al Po, appariva ben lontana da quel processo di maturazione politica del quale oggi è protagonista. Il paradosso è che la banda Bossi ha costruito le sue fortune facendo proprie le battaglie che la destra aveva dapprima sdoganato e poi abbandonato, riuscendo a mettere all’angolo militanti e dirigenti di Alleanza Nazionale che, soprattutto al Nord, si vedevano costretti a profondere gran parte delle proprie energie per spiegare alla gente che le posizioni del partito erano rimaste immutate e che, su alcuni temi, Fini si esprimeva a titolo personale. Ecco spiegato come la Lega, a poco a poco, abbia saputo sfilare ad Alleanza Nazionale quello status di “originale” di cui il Presidente della Camera continua a dire di non voler essere la fotocopia. Ma ora passiamo all’area di Forza Italia e, quindi, al Presidente Berlusconi, la cui leadership è indicussa e indiscutibile. Ci mancherebbe altro. Però, proprio in virtù della stima e dell’affetto che nutriamo nei suo confronti, ci sentiamo in dovere fargli qualche appunto su alcune sue decisioni. D’altra parte gli amici veri non sono quelli abituati a fare sempre di si con la testa, ma quellì che hanno il coraggio (per non dire le palle) di dire le cose come stanno. Allora, a campagna elettorale conclusa, come si puo’ rimanere indifferenti di fronte a candidature come quella di Nicole Minetti, arrivata dal nulla ed inserita nei primissimi posti del listino bloccato del Presidente Formigoni? Ecco, questo è uno dei classici argomenti di cui tutti si lamentano nei corridoi, salvo poi mordersi la lingua quando si tratta di parlarne in veste ufficiale. Eppure nel partito c’è una base che, su temi come questo ed il disastro della presentazione delle liste, si aspetta delle risposte. Possibilmente seguite dai fatti, in mancanza dei quali sarà assai difficile spiegare ai nostri giovani perché dovrebbero rimboccarsi le maniche e darsi da fare per il partito, quando poi lo strumento della meritocrazia viene costantemente messo da parte. A nostro modestissimo avviso in questo momento conviene guardarsi negli occhi e sgombrare il campo da qualsiasi equivoco, anche perché l’alternativa sarebbe quella di far finta di niente e di interiorizzare i problemi, salvo poi rinfacciarli alla prima occasione. Con le conseguenze che possiamo immaginare.
Alessandro Nardone