LETTERA APERTA A GIANFRANCO FINI

"Diciassette magnifici anni, che hanno fatto di quel ragazzino l’uomo che sta scrivendo al leader in cui credeva. Cioè lei, Signor Presidente."
Alessandro Nardone e Gianfranco Fini
Alessandro Nardone e Gianfranco Fini - Atreju 1999, Roma

Caro Presidente Fini,

in passato le ho le ho già scritto, ma stavolta è diverso, ed è molto più importante. Per cui, anche se ha mille altri pensieri per la testa, la prego di buttare via i prossimi cinque minuti del suo tempo dandomi retta, perchè ho una storia da raccontarle. È quella di uno dei tanti ragazzi della “generazione ‘93” quello che molti definivano “l’anno zero della politica” o “l’inizio della Seconda Repubblica”. Ricorda? Bene. Un paio d’anni prima, quel ragazzino, nemmeno quindicenne, mise per la prima volta il naso nella Federazione del Msi di Como. Era intimorito, quasi al punto di tremare ma, dopo aver maldestramente compilato il modulo d’iscrizione al Fronte della Gioventù, sentiva di avere la forza di un leone.

Erano gli anni di Tangentopoli, delle celebri picconate di Cossiga, e di dibattiti televisivi incandescenti. Qualcosa stava cambiando, nel nostro Paese. Mentre i suoi amici pensavano al calcio ed ai motorini truccati, l’interesse che quello sbarbato coltivava per la politica continuava ad alimentarsi, giorno dopo giorno. Gran parte del merito di quella passione crescente era, certamente, del suo Federale e del segretario nazionale del Movimento Sociale: forte, carismatico, pulito, fiero delle sue idee. Guai a chi doveva affrontarlo, a quei tempi.

Poi, le elezioni amministrative del 1993. Certo, quel giovane leader non diventò Sindaco di Roma, ma si consacrò definitivamente alla guida di un popolo intero che, come quel ragazzino, l’avrebbe seguito in capo al mondo. Ciecamente. Di lì a poco sarebbe nato un nuovo Partito: moderno ma fiero delle sue radici, innovatore ma sempre nel segno dei suoi valori, gerarchico ma rispettoso della sua base.

Quel ragazzo era orgoglioso di farne parte: più passava il tempo e più s’identificava in quella Comunità, aumentavano il suo spirito di appartenenza e la sua fede in quei valori. Più passava il tempo e più credeva in quello che, per lui, non era più soltanto il Capo, nossignore, ma un vero e proprio esempio da seguire. Insomma, un punto di riferimento inamovibile.

Da allora ad oggi sono passati diciassette anni. Diciassette anni di grandi battaglie politiche e di divisioni laceranti, di manifestazioni e secchi pieni di colla, di riunioni interminabili e volantini fotocopiati, di vittorie e di sconfitte, di grandi amori e di avventure di una notte, di cameratismo vero e di amicizie false. Diciassette magnifici anni, che hanno fatto di quel ragazzino l’uomo che sta scrivendo al leader in cui credeva. Cioè lei, Signor Presidente.

Sembrano passati secoli, vero? Si tratta ormai di storia, sì, ma di storia recente. La nostra storia. Dalla quale, Signor Presidente, negli ultimi cinque o sei anni, lei ha deciso di allontanarsi anni luce. Ma non è mia intenzione entrare nel merito delle singole questioni, anche perché non sono certo così presuntuoso da pensare di poterle far cambiare idea. Ci mancherebbe.

Il motivo per cui le sto scrivendo è un altro, ed è certamente più umano che politico. Certo, sono consapevole che molte delle cose che sto per dirle potranno ferirla, ma sono disposto ad assumermene la responsabilità, anche perché mi sentirei molto, ma molto peggio se non gliele dicessi.

Oggi, se penso a lei, non so se essere più incazzato o più deluso.

Incazzato perché, con le sue prese di posizione degli ultimi anni, ha ridotto al lumicino la nostra gloriosa Fiamma e, con essa, la nostra Comunità ed il retaggio di chi ci ha preceduti, compresi i Martiri che ci hanno lasciato la pelle.

Deluso perché, Signor Presidente, non posso credere che un uomo come lei possa farsi mettere in difficoltà da – mi passi il termine –  uno stronzetto come Giancarlo Tulliani. No, questa cosa non riesco proprio a mandarla giù! Insomma, posso non condividere il suo nuovo percorso politico, e questo ci sta. Nella vita nulla è eterno, per l’amor di Dio. Ma il solo pensiero che un uomo del suo prestigio, della sua esperienza e della sua rispettabilità rischi di compromettere la sua credibilità (oltre che la carriera) per assecondare i capricci di un guitto da quattro soldi, beh, mi manda letteralmente in bestia.

L’amore, spesso e volentieri, ci rende ciechi anche di fronte agli errori più evidenti. Non c’è genitore, amico di una vita o santo che tenga. Lo so perché è una cosa che ho vissuto sulla mia pelle e, nel mio piccolo, a causa di un amore, ho dovuto ricominciare tutto da capo. Proprio perché ci sono passato e perché, libero di credermi o meno, le voglio ancora bene, mi permetto di parlarle in pubblico del suo privato. Già, chi l’avrebbe mai detto.

Mi dia retta: si liberi di questo fardello, Signor Presidente, e lo faccia con uno scatto d’orgoglio, dimostrando che sbaglia chi, in questi giorni, le dà pubblicamente dello zerbino. Tiri fuori gli attributi (che, di certo, non le sono mai mancati), afferri lo stronzetto per un orecchio e lo sbatta fuori da quella maledetta casa, prendendolo a calci nel culo, se necessario. Dopo di che chiarisca, una volta per tutte, la tristissima vicenda di Montecarlo, anche ammettendo di aver sbagliato, se così fosse. Ma lo faccia lei, in prima persona, perché molti dei suoi “fedelissimii”, al pari del guitto che scorrazza in Ferrari mentre lei è in difficoltà, hanno già combinato abbastanza danni.

Certo, questo non le servirà per riguadagnare il consenso di chi, come il sottoscritto, non ha intenzione di seguirla nel suo nuovo percorso politico ma, quantomeno, le consentirà di dipanare quella bruttissima coltre di sospetto che sta offuscando, ogni giorno di più, la sua credibilità.

Sì, forse mi sono spinto un po’ oltre, ma chissenefrega, in fondo non ho fatto altro che dirle quello che pensiamo in tanti, ragazze e ragazzi figli della “generazione ‘93” e, quindi – anche se ormai politicamente distanti – anche un po’ figli suoi.

Un abbraccio sincero.

Alessandro Nardone

5 comments

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  • Sonia Ferracini Sforza

    14 Agosto 2010 at 13:20

    Il Presidente Berlusconi dovrebbe dare spazio ad un giovane come lei, Alessandro. Da donna di destra mi sentirei perfettamente rappresentata… altro che Fini.

    Conti sempre su di me.

  • Maria Rosa Vigni

    14 Agosto 2010 at 14:53

    Non condivido tutto quello che scrivi a proposito di attributi o meriti di Fini, ma apprezzo moltissimo il tuo spirito e la lealtà dei tuoi ideali. Incontrerai tanti “Fini” nella tua strada, non lasciarti mai incantare solo dalle loro parole, credi sempre ai tuoi valori. Potrai sbagliare, ma sarà solo parte di un cammino di esperienze che tutti siamo costretti a fare per imparare a vivere.

  • Paolo Brazzoduro

    30 Settembre 2012 at 01:42

    E’ raro incontrare persone lineari ed intellettualmente oneste come te, Alessandro. Di fronte ai contorcimenti dialettici (il male minore) e ai comportamenti da prima donna di Fini che lo hanno portato a rinnegare la sua identita’ personale e politica ormai scomparsa, non si puo’ fare a meno di farlo notare con forza! Io sono di un paio di generazioni precedenti e la rabbia e’ anche vedere tradito il pensiero della persona cui Fini deve la sua crescita politica: quel grande e onest’uomo che e’ stato Giorgio Almirante. Caro Gianfranco, vergognati!! Ormai per me non ci sono scuse che possano sanare le azioni compiute dentro e fuori l’aula plamentare. Un’immersione senza possibilitak di risalita. Che sconforto!

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